Occhio secco

La sindrome da occhio secco è una delle diagnosi più frequenti in oftalmologia. Rappresenta un problema fastidioso e in alcuni casi invalidante. La malattia risulta essere multifattoriale e interessa il film lacrimale e la superficie oculare con la comparsa dei sintomi quali la sensazione di corpo estraneo, il bruciore, la fotofobia e la lacrimazione.

 

La problematica viene considerata una manifestazione di un'alterata composizione delle lacrime, con conseguente incapacità nel proteggere la superficie oculare. La disfunzione si verifica quando per cause legate a fattori ambientali, endogeni, genetici o infettivi, la lacrima diventa instabile e si altera, infiammando la superficie oculare.

 


Diagnosi

 

La diagnosi della sindrome dell'occhio secco si basa sulla valutazione clinica eseguibile durante una normale visita oculistica e con l'utilizzo del Schirmer Test, che serve a valutare la quantità di lacrime, e del BUT test che si usa per valutare il tempo di rottura delle lacrime.

 

Il BUT test, la qualità del film lacrimale e le ghiandole di Meibomio possono essere valutati con strumenti diagnostici tra i quali il Topografo CSO Antares.

 

 

Trattamento

 

Il trattamento della secchezza oculare mira a ripristinare il film lacrimale e la superficie oculare, e di conseguenza ad alleviare i sintomi, a migliorare la qualità visiva e la qualità di vita del paziente.

 

Basilare è l'igiene palpebrale mediante compresse calde e antibiotici topici, unita all'uso di sostituti lacrimali (lacrime artificiali in collirio) e ai cambiamenti di stili di vita (come fumo di sigaretta o pause al video terminale). Inoltre si può ricorrere in casi selezionati all'utilizzo di farmaci antiinfiammatori (colliri cortisonici), farmaci immunosopressivi (colliri di Cisclosporina), e nelle forme ipervaporative si possono utilizzare macrolidi o tetracicline per trattare le meibomiti.

 

Nei casi più severi si può ricorrere all'uso di colliri di siero autologo, che rappresenta la componente fluida ottenuta dalla centrifugazione del sangue del paziente.
Il siero autologo per il suo contenuto di vitamina A, citochine, fattori di crescita, sostanze antiinfiammatorie e fibronectina, può portare a un miglioramento dei sintomi.

 

Nei casi di disfunzione delle ghiandole di Meibomio, nelle forme iperevaporative, oggi esiste la possibilità di stimolare la loro secrezione con l'utilizzo della luce pulsata.